mercoledì 18 dicembre 2013

RETI ANTI-SQUALO. Una strage silenziosa...

Da un interessante reportage di Tom Peschak di Save our Seas Foundation.

foto "Save our Seas Foundation"
Se ne sente spesso parlare, soprattutto dopo qualche attacco... ma a che servono? Come funzionano? E soprattutto, sono davvero efficaci?
Ho trovato questo interessantissimo reportage, che qui vi riassumo.

Le reti anti-squalo nascono in Sudafrica alla fine degli anni '50.
A seguito del boom economico e della colonizzazione turistica della costa orientale del Paese, gli attacchi mortali divennero sempre più frequenti e si scatenò il terrore, mettendo in crisi l'industria turistica appena nata. Inizialmente le autorità misero navi da guerra a pattugliare la costa e letteralmente a cannoneggiare gli squali!
Poi si escogitò un metodo più silenzioso e permanente, le reti, appunto; vennero posati...

45 km di reti lungo la costa tra Port Edward e Richard Bay, davanti alle spiagge turistiche, diffondendo un falso senso di sicurezza tra i bagnanti, e soprattutto diffondendo sempre più l'idea, errata, che un mare sicuro è un mare senza squali!
Le reti sono pensate per uccidere: soffocare, strangolare, intrappolare e mutilare più squali possibile.
Le reti ridussero, sì, la probabilità di avvicinamento degli squali alla costa, ma con scarsa efficienza, dato che il 40% degli squali catturati nelle reti era sul lato della rete orientato verso la spiaggia, quindi internamente al tratto di mare da proteggere!
Le statistiche dimostrano che tra il 1978 e il 2008 le reti hanno ucciso 35.684 grandi squali, ma la maggior parte delle specie catturate sono inoffensive per l'uomo.
Inoltre, a dispetto del loro nome, le reti anti-squalo non catturano solo squali: dopo la dinamite esse sono il secondo mezzo di pesca meno selettivo al mondo. Ogni anno esse catturano una media di 58 tartarughe marine, 230 razze, 50 delfini e 5 balene, più un numero imprecisato di grosso pesce di interesse per la pesca sportiva.
Un'inutile strage, insomma.
Dalla fine degli anni '90 però, con l'aumento della coscienza ecologica, è iniziata la rimozione di parte delle reti. Ad oggi ne è stato rimosso il 40 % della lunghezza totale. Inoltre, di fronte a talune spiagge viene messa in atto una rimozione temporanea durante il periodo di migrazione delle sardine (sardine run) che, come molti sanno, in Sudafrica è un evento davvero spettacolare ed ecologicamente fondamentale. Il risultato di tutto questo è una evidente riduzione delle catture accidentali di specie diverse dagli squali (bycatch).
A partire dal 2007 poi, molte reti sono state sostituite da palamiti, cioè lunghi fili con ami ed esche. Questo metodo è molto più selettivo e riduce fortemente le bycatch, ma cattura squali di grandi dimensioni, soprattutto squali tigre, specie importantissima per l'industria turistica e che da sola porta un introito di 2 milioni di dollari sudafricani ogni anno.
Il problema è che gli oceani hanno bisogno degli squali per mantenersi sani: gli squali sono dei super-predatori al top delle piramidi alimentari, controllano popolazioni di altri predatori e quindi di erbivori, con evidente beneficio per la pesca e per tutto l'ecosistema marino.
Il problema è difficile, ma si riflette per primo sull'uomo: la diffusione dell'idea che solo un oceano privo di squali sia sicuro è errata, ma nello stesso tempo in Sudafrica la popolazione non si sente sicura senza le reti anti-squalo. Tutto questo rappresenta un controsenso, se non una psicosi, se si pensa che nel 2008 si sono verificati soltanto 58 morsi di squalo in tutto il mondo, su 6,7 miliardi di esseri umani!
Nello stesso tempo la rimozione di reti in talune zone è essenziale per la conservazione delle specie.
La speranza è che con le nuove tecnologie si possano trovare dei modi meno distruttivi e più sostenibili per evitare interazioni negative tra squali e uomini. Bisogna però vedere se ce ne sarà la volontà.
Al momento pare di no, visto che gli squali sono sterminati al ritmo di 100 milioni di esemplari all'anno, per squallidi motivi commerciali e di prevaricazione dell'uomo sulla natura.

Concludo con una mia personale riflessione: se lo squalo mi morde è perché io non dovrei essere lì.
Punto.
L'uomo non è tra le prede naturali dello squalo, quindi se l'uomo viene attaccato è perché lo squalo ravvisa qualche somiglianza con le sue prede naturali, e soprattutto perché l'uomo si trova dove non dovrebbe essere.
Prima di chiederci se gli squali abbiano o no il diritto di esistere, chiediamoci se noi umani abbiamo il diritto di invadere il loro ambiente naturale.
E' mia convinzione che semplicemente le spiagge sudafricane dovevano restare libere e selvagge, sgombre dal turismo, che si è verificato solo a seguito della colonizzazione europea di quelle terre lontane...

Qui il link al reportage originale Protecting Sharks: how nets hurt
E più info sulle reti anti-squalo

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